La prima moneta con l'effigie del Re Vittorio Emanuele III è la rarissima 5 lire datata 1901, il progetto e l'incisione dei coni fu
affidata al capo della zecca di Roma, Filippo Speranza, che avrebbe presentato il nuovo sovrano sulla scena italiana ed europea. Il
risultato del lavoro fu di altissima qualità, il vecchio incisore si era avvalso per fissare i caratteri del nuovo Re, di tutte le migliori
tecniche del tempo fra le quali la fotografia.
5 Lire Aquila Sabauda |
Ø(mm): 37,00 Peso (g): 25,00 Metallo: argento Contorno: FERT FERT FERT in incuso tra nodi e rosette
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DIRITTO Effigie Vittorio Emanuele III a destra
ROVESCIO Aquila Sabauda, valore, data
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Al diritto la moneta presenta il profilo del Re a tutto campo con testa e collo nudi,
rivolto verso destra con leggenda VITTORIO EMANUELE III; sotto al collo la firma dell'incisore "Speranza". Al rovescio si trova l'aquila
Sabauda coronata e sotto tra nodi d'amore, il valore "L. 5", il marchio di zecca "R" e la data "1901". Il tondello presenta un diametro
di 37 mm, sul bordo in incuso sono incisi tre "FERT" tra nodi e rosette. Il metallo impiegato per la realizzazione di questa moneta è l'argento per un peso di 25 grammi.
La tecnica di costruzione dei coni prevedeva la produzione a fondo specchio, in modo da impreziosire e valorizzare la moneta.
Troppo fredda e accademica
Al Re questo ritratto appare troppo freddo e autoritario, troppo distante dalle nuove correnti umanistiche alle quali avrebbe preferito
affidare il suo ritratto, consapevole da competente del valore mediatico, prima ancora che economico ed amministrativo dei messaggi
che sono presenti nelle monete. L'idea del sovrano grande studioso e appassionato di numismatica ed esperto di politica era di produrre
un'immagine di se sulla moneta più accessibile e più realistica nel ritratto, in modo da trasmettere queste sensazioni alla gente.
Il maestro Speranza non conosceva queste tendenze, lavorava nella zecca fin dal 1867, quando ancora l'officina era gestita dal governo
Pontificio, che in quegli anni, preferiva certamente scelte tradizionali ed accademiche. Nei ritratti era abituato a mettere in evidenza
soprattutto un messaggio di autorità, di serietà, se non addirittura di sacralità.
La coniazione
Nonostante le diatribe di tipo stilistico la coniazione venne autorizzata con Regio Decreto n.92 che porta la data 7 marzo 1901, la
tiratura risulta di soli 114 pezzi e questa moneta non circolò mai, tanto che divenne subito preda ambita dai numismatici fin dai primi
momenti della sua comparsa. Il motivo fu il veto che la Francia, paese aderente all'Unione Latina assieme all'Italia, al Belgio, alla Svizzera
e alla Grecia, fin dal 1865, aveva posto alle monete da 5 Lire, forse memore del rifiuto che aveva ricevuto anni prima in occasione di
un'emissione di un pezzo da 5 franchi. Questi accordi costrinsero l'Italia a rinunciare a questo pezzo, ma si sa che alcuni esemplari
vennero donati al Re (nel numero di 10) ai suoi ministri e ad alti funzionari. Questo spiegherebbe l'esistenza di poche decine di esemplari;
sfugge ancora la spiegazione del perché siano rimasti in circolazione ben 114 pezzi di queste 5 Lire.
Moneta, medaglia o prova?
La particolare storia di questa moneta solleva una domanda: si può considerare una moneta a tutti gli effetti? Fra gli studiosi c'è chi
parla di monete a pieno titolo, chi di medaglia, chi di prova o chi definisce la moneta "non Regolare" (C.N.I.). forse questa è la
definizione più corretta infatti esiste una legge che ne autorizza la coniazione, ma manca quella che ne autorizza la circolazione e fissandone
il numero della battitura.